A scuola di felicità

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La felicità è uno stato d’animo che si può imparare? Si, con le tecniche che aiutano a reagire agli eventi quotidiani con positività e ottimismo.

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Spesso manca la volontà di perseguire le cose che fanno stare bene. Come si può imparare a sfruttare tutte le proprie potenzialità e capire che cosa ci rende veramente felici?

«La felicità è un allenamento che mettiamo in atto per abituarci a elaborare più pensieri positivi che negativi, a vivere e memorizzare con maggiore facilità le emozioni positive e, guardando la propria vita, avere la sensazione di serenità nel suo complesso» dice Roberta Bortolucci, esperta in psicologia del cambiamento e dello sviluppo professionale e personale. «Come tutti gli allenamenti comporta soddisfazioni e fatica, bisogna mettere in atto un cambiamento, dire a se stessi “Voglio imparare a essere felice” e incominciare ad agire». Vediamo quali sono le tecniche da adottare per farlo.

RICONOSCERE LE ABITUDINI INDESIDERATE

Un aspetto importante è riconoscere gli auto-sabotaggi, che mettiamo automaticamente in atto e che ci allontanano dal concetto reale di felicità.

  • Per esempio, Ia convinzione che la felicità arrivi da fuori: dalle cose (la bella auto, la casa, gli strumenti tecnologici), dagli altri (se incontrano la persona giusta, se sono molto amata/o) oppure dalla propria immagine corporea.
  • «Credo che tutti abbiano provato la sensazione di felicità all’acquisto, per esempio, della macchina che sognavano da tempo e di come questa sensazione sia, in realtà, durata molto poco. La nostra nuova auto ci piace ancora, ma passato qualche mese non è di nessun aiuto possederla e guidarla, se abbiamo dei problemi» sottolinea Bortolucci.

 

IL 40% DIPENDE DA NOI

Essere felici non è solo un fattore di DNA. Lo dicono le neuroscienze, che studiano tecniche e metodologie per allenare il cervello ad aumentare la capacità di reagire agli eventi quotidiani con positività e ottimismo. «La felicità dipende al 40% dal modo in cui affrontiamo le cose, se definiamo positivo o negativo, piacevole o spiacevole ciò che accade, che abbiamo davanti» spiega l’esperta.

«Nei miei seminari ho creato un percorso attraverso cui le persone utilizzano gli strumenti che permettono di individuare i propri indicatori di felicità: si parte dalla conoscenza di come il cervello struttura i pensieri, di come memorizziamo in modo diverso il positivo e il negativo, di come ci concentriamo prima sugli aspetti negativi» prosegue Roberta Bortolucci.

SI AL “PENSIERO POSITIVO” ANCHE AL LAVORO

Anche gli imprenditori si sono accorti che, con metodologie e strumenti mirati, si può ottenere un aumento delle capacità mentali, raggiungere la serenità e non cadere nello stress. Le lavoratrici e i lavoratori felici sono più produttivi, hanno . prestazioni migliori, buoni rapporti con i colleghi ed è meno probabile che si assentino per malattia.

  • «Le più recenti ricerche affermano che le persone felici portano questa loro visione della vita anche in azienda e che, come se fosse un virus buono, la trasmettono ai colleghi. Non solo: il pensiero positivo produce dopamina e serotonina, due neurotrasmettitori che aumentano la capacità creativa, la gestione dello stress, la lucidità mentale» afferma l’esperta.
  • Le aziende guidate da manager consapevoli dell’importanza del pensiero positivo, che lo applicano e lo incoraggiano. possono godere di un clima aziendale più sereno e produttivo.

LE TECNICHE DA UTILIZZARE

Una volta acquisita la conoscenza degli aspetti che non ci consentono di raggiungere la felicità, si iniziano a usare strumenti pratici per memorizzare la positività e per porsi le domande più adatte. «Basta chiedersi “Non avrò sbagliato a prendere questa decisione?”. Invito, invece, a riflettere sul fatto che la domanda da porsi è: ”Come si fa a conquistare quel 40% di felicità?”» spiega l’esperta.

Inoltre, bisogna utilizzare le tecniche della risata simulata che producono dopamina e serotonina (conosciuta come l’ormone del buonumore). È molto importante acquisire la resilienza, ovvero la capacità di rialzarsi dopo le sconfitte, ed è fondamentale, infine, abbassare lo stress e la sensazione di incapacità.

 

UNA QUESTIONE DI VOLONTÀ

Essere felici sul lavoro e nella vita privata non vuol dire prendere le cose “alla leggera”, ma allenarsi a essere realisti e ad avere “obiettivi sfidanti “, accettare sia le proprie capacità sia i limiti, e volersi bene in quella giusta dose che spinge a sviluppare le potenzialità, a renderle visibili. «lo Ia chiamo ”la pulizia degli indicatori di felicità”. Mi piacerebbe dire che esistono pozioni magiche, ma così non è. Dipende da noi, dalla nostra voglia di cambiare e stare meglio» dice Bortolucci.

Einstein diceva che il vero pazzo è colui che compie sempre la stessa azione aspettandosi un risultato diverso. Crediamo di sapere che cosa può farci felici e che cosa no, ma spesso ci manca la volontà di perseguire i nostri bisogni più veri. «La volontà si costruisce con la pratica: più ci esercitiamo in qualcosa più diventa facile farlo. Con l’aiuto delle tecniche di memorizzazione, della psicologia positiva, del mindfulness (la consapevolezza di pensieri, azioni e motivazioni), il percorso diventa più facile» assicura l’esperta.

Servizio di Ilaria Dioguardi, VIVERE SANI E BELLI, 22 GENNAIO 2016

Con la consulenza della dottoressa Roberta Bortolucci, esperta in Psicologia del cambiamento e dello sviluppo professionale e personale

 

 

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